venerdì 9 maggio 2014

Perché il Rap in Italia proprio NO.

Io credo che l'ascolto del rap straniero (leggi: americano) da parte di un italiano abbia bisogno di un metodo. Un metodo di approccio. A forza di ascoltare e riflettere son giunto a definire un mio personale metodo che credo possa essere universalizzato e consiste in tre punti-azioni:
1. Ascolto
2. Lettura e compresione del testo (traduzione)
3. Interpretazione
Facciamo un esempio: prendiamo "Gasoline Dreams", prima canzone dell'album "Stankonia" degli Outkast; io ritengo che per assorbirla correttamente sia necessario ascoltarla, leggerne le parole e capirne il significato.

Fin qua tutto okay, penso sia corretto. Questo è quello che intendo per "ascoltare una canzone rap americana".

Il punto qual è allora? Ecco, il punto è che apprezzare una canzone rap americana è per un italiano impossibile. Non è biologicamente possibile. Le ragioni sono due:
1. Le difficoltà linguistiche. L'operazione di traduzione e comprensione si rivela particolarmente complicata se consideriamo il largo uso di street words o gergali; ma mettiamo di essere in grado di superarla (internet offre strumenti potentissimi), ora ci tocca capirla, nel senso di sciogliere nodi metaforici, usi simbolici e contenuti fra le righe (nel caso specifico di "Gasoline Dreams" non è possibile da una traduzione, per quanto corretta, comprendere le allusioni e dunque il senso stesso della canzone); ma mettiamo di essere in grado di superare questi problemi (RapGenius? Wikipedia?) quando poi dopo 10 giorni la andiamo a riascoltare, noi che non comprendiamo direttamente la lingua, nel senso di non riuscire a captare ogni parola che viene pronunciata nel momento in cui questo avviene, possiamo dire di averla apprezzata? Mettiamo di superare anche questo ostacolo, dopo 10 anni la canzone ha ancora la stessa comprensibilità?
2. Il contenuto. "Gasoline Dreams" è una canzone di critica verso tutta una serie di problemi americani come la disillusione del sogno americano o la droga e i rapporti sessuali non protetti caratteristici di certe zone (non in senso lato dunque). Come faccio io, italiano, a condividire questi contenuti? E' impossibile! Non mi appartengono! Non posso capire il senso vero della canzone! Non posso!

Cosa rimane? Rimane un beat più o meno catchy su cui si riversano fiumi di parole a volte incomprensibili o, se tali, non condivisibili biologicamente per quanto concerne il contenuto.

Calma, le eccezioni esistono, esistono canzoni che sono più "universali" di altre (la penetrazione del rap americano in Italia sarebbe altrimenti stata impossibile) ma l'idea, il concetto di "canzone rap americana old school" non ci appartiene e non ci può appartenere.

E' normale. Provate voi a fare ascoltare Giorgio Gaber ad un americano, non lo apprezzerà mai a livello biologico.

Per cui io son molto scettico verso tutti coloro che dicono di apprezzare "Illmatic" di Nas o "The Blueprint" di Jay-Z. Semplicemente perché il 90% del senso si rapporta a noi come l'olio con l'acqua.

giovedì 24 aprile 2014

En?gma - Foga

In virtù di un interesse difficilmente definibile (=non ne ho le forze) nei confronti di quel genere musicale convenzionalmente etichettato come "rap" e di un'attualissima personale rivalutazione della scena musicale italiana, ho ascoltato quello che pare essere un promettente rapper: En?gma. L'album in questione è "Foga". Sol questi due termini ("enigma" e "foga") suggeriscono quello che è il suo tratto inconfondibile e personalissimo: una predilezione per le acrobazie linguistiche. Echi mitici, citazioni filosofiche, prelievi di cultura pop e quant'altro.
D'altra parte, ciò che ad un primo impatto mi sembrava un album davvero buono, purtroppo si è realmente trasformato nel giorni seguenti. L'ho continuato ad ascoltare e riascoltare per vari giorni ma progressivamente molte canzoni hanno mostrato la loro verità: sono prive di un collante, un tema di fondo nonché di compattezza. Non tutte ovviamente, alcune come Flussi d'incoscienza (ma solo perché il titolo lo giustifica) o Mesopotamia si salvano, ma altrettante si dissolvono nell'aria. Questa intangibilità trova una spiegazione nelle sue parole pronunciate in un intervista a Flow su DeejayTV, dove parla di "instintività". Sono d'accordo: molte canzoni sono davvero flussi di parole con salti da un argomento all'altro, da un mondo all'altro, da una sponda all'altra, ma senza ponti abbastanza solidi. Come giudicare tutto questo? Personalmente ritengo che creare un disco basandosi sull'istinto di dover dire certe cose può avere un senso, ma il rischio, che qui è realtà, è di creare canzoni chewingum: più le ascolti più perdono sapore, proprio come torrenti che disperdono la propria forza d'irruenza in rivoli nella foresta. Il nome Foga è adeguato insomma.
Non voglio comunque limitarmi ad una pars destruens, come ci son questi elementi contenutistici negativi, è apprezzabile (e lo è incredibilmente dal sottoscritto) la componente formale: la nostra lingua è particolarmente adatta ai giochi linguistici (passaggio da un registro all'altro, utilizzo di parole perfette, giochi di prestigio) e questo En?gma non solo l'ha capito, ma lo concretizza anche. Spero che le sue prossime uscite siano più "ragionate" (al pari del precedente EP "Rebus") mantenendo inalterata questa agilità enciclopedica.