domenica 22 luglio 2012
L'ultimo soldato (3)
«...» gli occhi della ragazza si spalancano e iniziano a riempirsi di lacrime «Ti prego Milton ripensaci, ti supplico, ho bisogno di te, lo sai» gli si lancia con le braccia al collo e inizia a piangere.
Era, ovviamente, molto più bassa di lui, tanto che la testa, pur impuntando i piedi, non superava la metà del suo busto. Tutti questi film non rendono mai troppo bene la parità dei sessi: l'uomo viene sempre rappresentato un gradino sopra la donna, non si capiva bene il perché. Forse perché doveva essere accentuata anche fisicamente la figura del soldato roccioso e indifferente al dolore, forse per fare colpo sul mondo femminile più ingenuo. Sicuramente sarebbe stato più originale e divertente vedere lei alta e imponente mentre lui piccoletto e tarchiato. Ahimè quanta banalità!
Le cinse il corpo con le braccia, quasi un gigante che stritola la sua vittima, china il capo sul suo e inizia a dire «Non piangere dai, fidati di me, tornerò» la ragazza si libera bruscamente dalla presa, quindi inizia a guardarlo intensamente negli occhi al punto che Milton, come pietrificato, anche volendo non avrebbe potuto guardare da un'altra parte «Chi me lo assicura? Chi? Come puoi promettermi che tornerai? Come? Milton, ti prego, non andare, non ce n'è bisogno, ho bisogno di te, non posso vivere senza di te» la voce si fa ruvida, graffiante, sgraziata e scomposta, inizia ad acuirsi come quella di un gatto stizzito dopo aver subito un torto.
Il trionfo dell'ovvietà! Quanta sdolcinatezza! Chissà quanto sarebbe diverso se la ragazza avesse un fisico austero e gli imponesse, ordinandoglielo, di tornare in casa, vestirsi normalmente e dimenticarsi della guerra. Con tanta varietà, con tante multiformi possibilità, era veramente necessario creare una storia così banale?
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