sabato 21 luglio 2012
L'ultimo soldato (2)
Il suo nome era Milton – iniziò una voce di sottofondo – non sapeva quello che lo aspettava, nessuno lo poteva immaginare. Qualcosa però lo spingeva a farlo, a combattere.
Una donna sulla cinquantina, il volto ormai da tempo travolto dalla vecchiaia, verso la quale non aveva tentato nemmeno una minima resistenza, una lunga ed inelegante sottana con una fantasia a fiori, un golfino giallo canarino indossato come per rimanere nell'anonimato. I capelli color rame, raccolti, sicuramente tinti, per illudersi di essere ancora viva, o, almeno, per evitare di diventare totalmente invisibile agli occhi degli altri.
«Milton, ti prego, puoi ancora rinunciare, ti supplico» inizia a piangere, disperata, le sue lacrime colmano in breve tempo i profondissimi solchi che gli anni avevano inciso sulla sua pelle come un trattore sul campo da seminare.
L'inquadratura si sposta su un giovane alto e muscoloso, indossa un'attillata camicia bianca che ne risalta le forme, un paio di pantaloni militari e anfibi neri, lucidissimi.
«Mamma, ne abbiamo già parlato, ora basta! Ho 18 anni e mezzo e posso fare quello che voglio della mia vita» la mascella quasi bionica si richiude, ricomponendo il suo viso liscio, delicato e pulito. Come se un risentimento stesse risalendo dal profondo del suo ventre, forzato, si volta verso di lei e, pentito, dice: «Senti» la prende per le braccia «devo farlo, so che non capisci e forse non capirai mai, ma sento dentro di me qualcosa che mi spinge a imboccare questa strada» molla la madre con freddezza e raccoglie un sacco color verde scuro, un verde paludoso, e inizia a riempirlo di calzini bianchi e altri indumenti, non curante della reazione della madre, verso la quale si sposta la telecamera, inquadrando un volto struggente.
Il solito filmetto da quattro soldi, riflettei fra me e me, com'è possibile che nessuno riesca a pensare abbastanza fuori dagli schemi per creare qualcosa di nuovo? Il bello che deve andare in guerra, la mamma disperata, ora vedremo anche la fidanzata disperata immagino...
Compare una ragazza splendida, di quelle che sono totalmente inconsapevoli del proprio fascino e che, soprattutto, non fanno nulla per accentuarlo, belle di natura. Pura e semplice, ha lunghi capelli lisci castani e un viso minuto ma incredibilmente grazioso. Indossa un paio di jeans attillati e una t-shirt bianca con un girasole, un abbigliamento non studiato, non pensato, ma proprio per quello irriproducibile. Saliti tre scalini bianchi inizia a bussare ad una porta dello stesso colore. Neanche il tempo di sbattere le ciglia che già stava premendo con grande insistenza il campanello, spazientita per l'attesa. Quindi inizia a bussare più forte, a suonare e a bussare, a bussare e a suonare, sicuramente i tonfi della porta che rimbalzava sotto i suoi tumulti si sentivano fin da lontano. Improvvisamente la porta si apre. Il ragazzo emerge dal buio dell'interno.
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