martedì 24 luglio 2012

L'ultimo soldato (5/5)

Non potei ascoltare un sola altra parola, presi la mia giacca, mi alzai e mi diressi all'esterno del cinema. Passai come un fulmine a fianco dello strappa-biglietti, il quale non alzò nemmeno un muscolo, e uscii. Iniziai a tremare, il mio corpo doveva abituarsi a passare dal tepore dell'interno del locale al glaciale clima esterno. BOOM. Sussultai, il cuore mi balzò in gola e iniziò a battere all'impazzata, temei che da lì a poco avrebbe potuto scoppiare. Maledetti ragazzini pensai tra me e me, che divertimento ci trovano a dar fuoco a una manciata di polvere da sparo per un solo giorno all'anno? Quello che più di ogni altra cosa non capivo era perché fosse diventata una tradizione. Innanzitutto non portava vantaggi di alcun tipo se non ulteriori ferite al portafoglio, erano fastidiosi, visto che con il loro suono sembravano quasi bucarti il timpano ogni volta, e, soprattutto, erano pericolosi: c'era veramente il rischio di farsi male. Trascorrere un anno privi di un arto per una inutile tradizione. E invece tutti erano fuori all'aperto (rischiando, per altro, un malanno) tra esplosioni di suoni e colori. Un vero spreco di tempo. Ma, cosa peggiore di tutte, perché ripetersi ogni anno? Viviamo in un'epoca in cui le strade percorribili sono infinite: paesaggi nuovi, usanze sconosciute, personaggi inimmaginabili e, invece, anche nei momenti, come le feste, in cui possiamo veramente dedicarci a noi stessi, finiamo per fare le stesse cose.

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